Numerosi sono i film girati all’interno di giardini, ma ancor più significativi sono quelli nei quali il giardino entra a far parte della struttura dell’opera al pari, e ancor più, degli stessi personaggi. Il giardino ha contribuito alla fortuna di veri e propri capolavori divenendone il motore dell’azione, l’artefice della messa a fuoco di alcuni personaggi; in altri casi è il contesto seducente e irrinunciabile dell’azione.

Cinema e giardino sembrano condividere la ricerca di un equilibrio, costante quanto contraddittorio, tra adesione al vero e reinvenzione poetica della realtà. Le analogie tra le due arti “sorelle” si spingono anche oltre: entrambe aspirano a una dimensione fantastica e sono caratterizzate da una stessa visione temporale all’insegna della provvisorietà; entrambe costruiscono un microcosmo coerente che lascia intuire un altrove: l’inquadratura di una scena, come il limite di un giardino, definisce un confine, fisico e mentale, tra mondo esterno e finzione scenica; entrambi, infine, sono opere d’arte collettiva, frutto dell’interazione tra professionalità differenti abilmente orchestrate da una sapiente regia.

Dopo secoli di rappresentazioni pittoriche e descrizioni letterarie, a partire dal Novecento è il cinema ad assumersi il compito di raccontare, reiventare e farci sognare il mondo dei giardini.
I giardini e i paesaggi del Lario – dalle atmosfere cupe e melanconiche di Malombra di Carmine Gallone (1917) ai più recenti film di fantascienza e d’azione – e quelli della Toscana (dai dintorni di Firenze alle campagne del Chianti e del Senese scelte da tanti registi nazionali e internazionali) non sono una semplice “location” ma i veri co-protagonisti del racconto. Non mancano, in questa nuova geografia dell’immaginario, autentiche e inaspettate sorprese, come il rigoglioso giardino del Casertano che ospitò alcune riprese del Decameron di Pasolini.

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