I velluti impeccabili dei prati, i viali sinuosi che scendono al lago, la vegetazione plasmata da mano antica e sapiente, con platani e glicini ben addomesticati e intrichi di Ficus pumila: un giardino eclettico che ha affascinato letterati e artisti.

Edificata dal cardinale Angelo Maria Durini tra il 1787 e il 1796, la Villa del Balbianello sorge all’estremità del Dosso di Lavedo, in una posizione fortemente suggestiva. La dimora padronale ingloba un antico convento dedicato a San Giovanni e un oratorio di cui sopravvivono i due campanili. Altri edifici, quali la Casa del Custode, la Ghiacciaia, la Casa Bosco e la Serra punteggiano il suo parco. A monte, la Loggia offre un doppio panorama sulle sponde della Tremezzina e sull’isola Comacina. A valle, una piccola insenatura ospita un porticciolo, dove campeggia il motto “Fay ce que voudras” (fa ciò che vuoi). Dal lago, la ripida scaletta che porta alla villa conduce a un terrazzo panoramico delimitato da una balaustra in pietra. Il progetto dei giardini si articola sull’impronta naturale dei luoghi, adattandosi agli spazi impervi della penisola. Siepi di lauro e bosso impongono matrici geometriche a tappeti erbosi incastonati in angusti terrazzamenti. Cespugli di azalee e rododendri, glicini e un ricco patrimonio scultoreo si distribuiscono lungo vialetti sinuosi, ombreggiati da grandi platani “a candelabro”, lecci, canfore, magnolie e cipressi. Dopo la morte del cardinal Durini, la villa ha cambiato più volte proprietario. Giuseppe Sepolina, Luigi Porro Lambertenghi e poi il marchese Giuseppe Arconati Visconti vi ricevettero numerosi politici e uomini di cultura. Nel tempo la villa ha accolto i letterati Giuseppe Parini, Silvio Pellico, Giovanni Berchet e Alessandro Manzoni, ma anche il primo ministro francese Léon Gambetta e il pittore Arnold Böcklin. Nel 1974 la dimora è stata acquistata dal conte ed esploratore Guido Monzino, che nel 1988 la ha lasciata al Fondo per l’Ambiente Italiano.

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