Un colpo d’occhio grandioso in un paesaggio magistralmente plasmato attraverso pochi segni essenziali: il giardino concluso, la vasta radura, la prospettiva lunga dei vasi tra le due ali di carpini, il brolo perfettamente conservato con orti e frutteti.

Su un terreno di proprietà dei Fracanzan fin dal XIV secolo, fu realizzata agli inizi del Settecento l’attuale villa, su progetto dell’architetto luganese Francesco Muttoni, che disegnò il giardino in forme barocche, dispiegandolo sul retro dell’abitazione e dotandolo di un serraglio per la caccia, essendo il giardino veneto destinato non solo alla bellezza ma anche all’utilità. Sede di un importante salotto letterario in epoca illuministica, passò nel 1870 alla famiglia Orgian e quindi, per successione, ai Piovene. L’elegante pronao colonnato, sormontato da un abbaino, dell’edificio padronale si apre a sud su un giardino formale con siepi di bosso e tassi monumentali, traguardando la straordinaria prospettiva carpinata, contornata da due grandi peschiere, scandita da basamenti e vasi in pietra, che si prolunga nella campagna circostante e si conclude con una lunga fuga prospettica verso l’infinito, secondo una modalità tipicamente barocca. Sul lato ovest è il “brolo”, un pomario formale, ripartito in settori quadrati delimitati da siepi in bosso che accolgono piante da frutta e vasi di agrumi. Sul versante nord, fronte principale della villa, oltrepassata la strada pubblica, è l’interessante sistemazione, dovuta anch’essa al Muttoni, della zona collinare a esedra racchiusa ai lati dalla cappella gentilizia e dalla cosiddetta “Casa dell’Orologio”, luogo dove si potevano allestire rappresentazioni sfruttando la villa come fondale scenico. Poco più a est è il nucleo più antico del vasto complesso agricolo, con edifici un tempo probabilmente fortificati e disposti attorno a una corte dominata dalla torre colombaia di matrice quattrocentesca, mentre su una seconda corte prospetta una maestosa “barchessa”, ora sede di un museo della “Vita quotidiana e lavoro in villa”.

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