Ancor prima di varcare i confini d’Italia nel 1786 Goethe ne fornisce un’immagine idealizzata, sintetizzando la nostra Penisola con l’immagine di una terra in fiore: “Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni?”. Una delle prime tappe del suo viaggio nei luoghi sognati fin dall’infanzia, alla scoperta del nostro Paese ma soprattutto di se stesso, è lungo le rive del Garda. Il lago è “una meraviglia della natura, uno spettacolo incantevole”: a Limone osserva gli “orti ripidi disposti a terrazze e piantati a limoni” con “file di pilastri bianchi quadrangolari, che, a una certa distanza l’uno dall’altro, risalgono il monte a gradinate”.

È sin dal XV secolo che, nel tratto di costa tra Salò e Limone, si iniziano a costruire manufatti architettonici unici al mondo per la coltivazione degli agrumi; le limonaie erano costituite da terrazzamenti delimitati da alti muraglioni perimetrali su tre lati e da alti pilastri di pietra, legati tra loro da una orditura di travi, che nei mesi invernali venivano chiuse con grandi pareti mobili di legno, ampiamente vetrate e coperte da tetti di assi anch’essi di legno. Ancora nel 1897 di queste serre monumentali scriveva Giuseppe Solitro che la loro visione “non può fare a meno di fermare l’attenzione e destare la meraviglia del forestiero che la vede per la prima volta”.

Si arriveranno a esportare nel nord e nell’est dell’Europa fino a venti milioni di limoni l’anno ma, dalla fine dell’Ottocento, diverse ragioni quali il diffondersi di una grave malattia, la concorrenza degli agrumi meridionali, la produzione sintetica di acido citrico porteranno al graduale abbandono di questo sistema produttivo.
Restano ancora visibili lungo le rive le testimonianze di un patrimonio unico e straordinario caratterizzante il paesaggio lacustre, testimonianze vive di una complessa e secolare opera di antropizzazione.

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