Un reticolo di viali, siepi di bosso e vasi d’agrumi imbriglia la campagna circostante e circonda la villa, uno dei capolavori del Palladio inserito, insieme alle altre ville palladiane, nella lista dei patrimoni UNESCO.
La “fabrica del Magnifico Signor Leonardo Emo” a Fanzolo, ricordata da Palladio nei Quattro Libri dell’Architettura (1570) come un “sito molto bello, e dilettevole”, risale agli anni compresi fra il 1556 e il 1559 e risulta terminata prima del 1570. Rimase in proprietà della famiglia Emo fino al 2004. Il complesso è immerso nella pianura ai piedi delle Prealpi feltrine, tra il Brenta e il Piave; la zona era attraversata dalla via Postumia e conservava tracce della centuriazione romana. Anche la villa è orientata secondo questa trama: mutuando l’impostazione del cardo e del decumano, è il fulcro di un paesaggio ampio con geometrie e orditure che fanno capo alla sua architettura, definendo un insieme unitario di straordinario pregio. Un altro asse, ortogonale alla direttrice nord-sud, allinea i rustici o “barchesse”. Dalla villa su tutti e quattro i lati, e in particolare dalla loggia, si spazia visivamente sul vasto territorio pianeggiante. Il giardino, definito da grandi aiuole geometriche inerbite delimitate da siepi con elementi topiati e da viali con statue, ha subìto un riadattamento e una profonda revisione con il progetto del 1868 di Antonio Caregaro Negrin, parzialmente realizzato. In quella occasione è stato riadattato in parte al gusto paesaggistico, con nuovi soggetti arborei, quali i grandi cedri. Una lunga carpinata sottolinea l’importanza dell’asse est-ovest segnato da due importanti pilastri.