“Sempre caro mi fu quest’ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude…”. È qui, nell’orto dell’antico monastero di S. Stefano, prossimo alla sua casa natale, che Giacomo Leopardi ambientò la sua celebre poesia. “L’Infinito”

L’Orto sul Colle dell’Infinito, ispiratore dell’omonima poesia composta da Leopardi, è stato recentemente oggetto di un progetto di recupero a cura del FAI – Fondo Ambiente Italiano, diretto dal paesaggista Paolo Pejrone, che ha integrato storia letteraria, cultura giardiniera e interpretazione contemporanea. Piante officinali, fioriture di campo, alberature da frutto e appezzamenti ad orto si succedono lungo i sentieri e i pergolati percorsi due secoli fa dal poeta.
Utilizzato per secoli come orto dalle monache del quattrocentesco monastero di S. Stefano, è uno spazio storicamente dedicato al lavoro e al raccoglimento tipico di un convento. Chiuso da un muro perimetrale costituito dalla cinta muraria di Recanati, è situato in una posizione particolare, isolata e soprelevata e si presenta come un giardino pensile, un balcone affacciato sul vastissimo panorama delle colline marchigiane fra i monti Sibillini e il mare. È in questo luogo che Leopardi trovava pace e solitudine, ma soprattutto una vista a perdita d’occhio, al di là delle piante che cingevano l’orto, capace di evocare in lui il pensiero e la sensazione dell’infinito.
La gestione del progetto e la cura dell’Orto sono ora affidate al FAI Fondo Ambiente Italiano, che ha puntato su un intervento di valorizzazione che mettesse in relazione i due aspetti del Colle dell’Infinito: quello paesaggistico e quello filosofico e poetico. La visita al luogo si svolge sotto forma di visita guidata attraverso l’orto e il componimento poetico, tra percorsi all’aria aperta e proiezioni multimediali, a riscoprire la storia, il significato e il valore universale di pochi versi, capolavoro della cultura italiana.

In evidenza