Alla Scarzuola Tomaso Buzzi, committente di se stesso, realizza il suo “capriccio”, un sogno antico risalente agli anni della sua giovinezza. Dallo spirito del luogo, dove era un convento francescano, nasce il progetto di questa città a misura della sua immaginazione: una città ispirata all’ideale umanistico della composizione armonica di natura e cultura. Una città senza storia e al tempo stesso densa di storia, abitata dal silenzio.

Secondo la tradizione, san Francesco piantò un lauro e un cespuglio di rose, un binomio che, insieme ai cipressi, ritorna frequentemente in questo luogo magico. Vi avrebbe anche costruito una capanna di “scarza”, pianta che cresce in prossimità dell’acqua, utilizzata tutt’oggi per impagliare le sedie; successivamente vennero costruiti una chiesa e un convento affidato ai Frati Minori che vi rimasero fino al Settecento. Nel 1956 Tomaso Buzzi acquista la collina e gli edifici e realizza dal 1958 fino alla sua morte (1978) il proprio sogno di una “città ideale”, una “città della memoria” concepita come una macchina teatrale, una autobiografia in pietra composta di edifici evocati, il cui filo conduttore è il teatro: teatri di varie dimensioni con differenti fondali, naturali e artificiali.
La Scarzuola è un compendio di arte dei giardini, un trattato di architettura fantastica, un percorso di iniziazione verso la conoscenza della propria anima. È la sua “autobiografia di pietra… rifugio e pietrificazione di idee (architettoniche) rifiutate”: una serie di costruzioni inconsuete dai significati complessi, una serie di folies fiabesche che evocano secoli di storia. Come nella villa di Adriano a Tivoli, la Scarzuola è la sintesi dei ricordi, delle memorie e dei ricordi di una vita, un’“oasi di raccoglimento, di studio, di lavoro, di musica, di silenzio, di grandezza e di miseria, di vita sociale e vita eremitica […], regno della fantasia, delle favole, dei miti, degli echi…”.
Alla “città sacra” del convento farà da contrappunto la “città profana” realizzata in tufo. Il Teatro del Mondo è il cuore della città buzziana: sul palcoscenico bifronte si innalza sul lato destro la quinta scenografica dell’Acropoli e sul sinistro, il teatro dell’Arnia o delle Api; sul fronte tufaceo del podio semicircolare è “il terzo occhio”.
La Scarzuola, rimasta incompiuta alla morte del suo autore, è stata in parte completata dall’erede Marco Solari sulla base dei disegni lasciati da Buzzi.

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