È il parco più popolare e amato della città. Aiuole fiorite e scorci scenografici fanno da contorno a musei ed attrazioni culturali e di svago. Per quattro secoli proprietà della famiglia Borghese, nel 1903, acquistato dallo Stato italiano e dato in gestione al Comune di Roma, il giardino del principe diventa il parco dei romani.
Subito fuori le mura urbane, Villa Borghese fu voluta agli inizi del Seicento dal cardinale Scipione, nipote del pontefice Paolo V; il parco, di 80 ettari, comprende un “Casino nobile” (oggi Galleria Borghese) con una ricchissima collezione di opere d’arte e numerosi edifici minori, in origine funzionali alla gestione del complesso e oggi sedi di musei o attività culturali. Accanto a un settore organizzato secondo schemi geometrici e ricco di statue e fontane, il cardinale volle i preziosi “Giardini segreti” con fiori rari e vaste aree produttive o per la caccia. Tra fine Settecento e inizi Ottocento il principe Marcantonio IV e i figli Camillo e Francesco ampliarono il parco e trasformarono il complesso. Le funzioni agricole scomparvero, il parco fu arricchito di scenografiche architetture, gli edifici rustici nobilitati per assolvere a funzioni di rappresentanza. L’innovazione maggiore fu la trasformazione di una “piantata di lecci” nel “Giardino del Lago”, ispirato ai canoni del giardino “all’inglese” che, seppur in ritardo rispetto all’Inghilterra, alla Francia e all’Italia settentrionale, si erano diffusi anche a Roma. Un lungo contenzioso tra la famiglia e lo Stato italiano si è concluso con l’acquisizione della Villa e la sua apertura al pubblico nel 1903. Per adeguarla alla nuova destinazione il Comune di Roma, divenuto proprietario del complesso ad esclusione della Galleria Borghese, di pertinenza statale, ha introdotto ulteriori modifiche. Durante il fascismo e la seconda guerra mondiale l’assetto del parco è stato manomesso con la creazione di viali asfaltati e l’eliminazione delle cancellate e dei muri di protezione.