La villa fu denominata “Belvedere” per il superbo affaccio su Roma. La monumentale facciata verso la città, con sullo sfondo la macchia boscosa del colle, si staglia al termine di un lungo viale di lecci che, con le chiome intrecciate, formano un tunnel di verzura. Al rigore della facciata “urbana” corrisponde sul retro un prospetto con ariose logge, aperte su una spettacolare scenografia che si sviluppa lungo le pendici del colle.

Il primo nucleo della villa, donato nel 1598 dal pontefice Clemente VII Aldobrandini al cardinal nepote Pietro, fu riedificato da Giacomo della Porta, Carlo Maderno e Giovanni Fontana e già nel 1603 poteva ricevere la visita della corte papale. Fu quindi completato il “Teatro delle acque”, scandito da nicchie con statue, al centro del quale si snoda l’altissima cascata che, con un sistema di fontane, scende dalla collina dove si ergono due colonne salomoniche riccamente decorate, le cosiddette “colonne d’Ercole”. Nell’ala destra dell’esedra, a livello del palazzo, è la Sala del Parnaso o di Apollo. Le fontane e gli ingegnosi giuochi d’acqua delineavano percorsi dalle complesse simbologie, volte alla celebrazione della famiglia committente. La dotazione d’acqua necessaria per alimentare il complesso sistema idraulico fu motivo di lite con i proprietari delle ville confinanti, in particolare con i Borghese che, durante il papato di Paolo V (1605-1621), avevano avviato una politica di insediamento sui colli tuscolani fino a creare un vero e proprio “Stato borghesiano”. I giardini sul retro, confinanti col fitto bosco di lecci e cipressi, sono organizzati in viali scanditi da siepi, da balaustre con vasi con piante di mirto e melograno, e da spalliere di agrumi, mentre all’ombra di platani secolari si ammirano le fioriture di camelie e di ortensie.

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