Nascosti nel folto del bosco, avvolti dalle penombre, “fontane, cascate, boschetti, verzieri, terrazzi di marmo, tempietti gotici, sale superbamente arredate; insomma voi trovate quanto il lusso può accumulare, e l’arte saviamente disporre”.

Così padre Giuseppe Cereseto nel 1853 descrive il Castello del Roccolo visitato insieme a diciannove allievi del Collegio Nazionale di Genova, sottolineando come in un piccolo spazio fosse “raccolto quanto di meglio e più squisito in diverse parti la natura e l’arte producono”. Edificato dal marchese Roberto Tapparelli d’Azeglio – fratello del noto statista Massimo – insieme alla moglie Costanza Alfieri di Sostegno tra il 1831 e il 1862, il maniero è immerso nella folta vegetazione collinare al limite occidentale della pianura piemontese. L’architettura rappresenta una delle più significative espressioni di revival medievale in un connubio tra stile neogotico e accenti moreschi e orientalistici che rivela l’impronta storicista e anglofila dei marchesi. Ospitò personaggi illustri quali Silvio Pellico, Cavour, il re Umberto I e la regina Margherita, Lord Palmerston e Lord Gladston, primi ministri inglesi.
Il parco paesaggistico alle spalle del castello, esteso per cinquanta ettari, presenta una natura solo apparentemente spontanea, in realtà sapientemente composta tra specie esotiche (sequoia americana, liriodendro, ippocastano, osmanto e lauroceraso) e autoctone (acero, tiglio, leccio e tasso). Al progetto iniziale contribuì Xavier Kurten, seppur numerosi siano stati gli interventi posteriori. Il complesso è impostato lungo un asse centrale, un tempo definito da un suggestivo percorso d’acqua che sgorgava da una sorgente oggi non più attiva. Le serre classicheggianti, realizzate tra il 1846 e il 1850, chiudono la successione di una serie di terrazze panoramiche introdotte e custodite da due leoni in pietra.

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