Prima di divenire un giardino, Ninfa è stata molte cose: luogo di un mito cantato in antichi poemi, città al centro di un importante e produttivo feudo, emblema della distruzione e dell’abbandono; da un secolo è un affascinante giardino che si specchia nelle acque del suo fiume, dove le esuberanti fioriture fanno da contrappunto alle rovine di torri ed edifici.

Fino al Quattrocento Ninfa era una prospera città con strade, case, torri, chiese, ponti e mulini; la malaria e le continue contese belliche ne determinarono l’abbandono e la rovina. La natura se ne è riappropriata e tutto è stato invaso e ricoperto dall’edera, dal caprifoglio e dalla flora spontanea, nonostante qualche tentativo da parte dei proprietari, i Caetani, di ridare vita al complesso. Solo a partire da fine Ottocento, per impulso di Ada Wilbraham, la moglie inglese di Onorato Caetani, e dei figli Gelasio e Roffredo, si avvia il recupero di alcuni edifici, la canalizzazione delle acque e la piantumazione dei primi alberi. Artefici della magia del luogo furono, agli inizi del secolo scorso, due donne, Marguerite Chapin, moglie di Roffredo, e la figlia Lelia: fiorirono così i meli e i ciliegi ornamentali, rose rampicanti avvilupparono resti di muri, cascate di glicini si specchiarono nelle limpide acque del fiume e delle sorgenti, all’ombra di alberi mediterranei ed esotici. Alcune strutture furono recuperate, in particolare la Torre, divenuta simbolo di Ninfa, e il Palazzo Comunale, con immutate le stanze abitate da Lelia, ultima discendente dei Caetani, mentre il salone, antica sala consiliare, era luogo di incontri artistici e culturali organizzati insieme alla madre Marguerite. Oggi Ninfa offre, tra il rigoglio della vegetazione, anche un percorso letterario sulle orme di coloro che l’hanno amata e descritta.

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