Nel viaggio da Enna a Catania, Goethe fu sorpreso dal vedere «oltre la nuvolaglia… un fenomeno meraviglioso… un corpo solido che stava in cielo». Era l’Etna, il più grande vulcano europeo, sempre attivo tra sbuffi di cenere, colate di lava infuocata e la cima bianca di neve. Paesaggio indimenticabile, anche visto a distanza con le sue diverse regioni sovrapposte. In alto quella desertica (le sciare nere interrotte dalla neve), poi quella boschiva (alti pini larici, betulle endemiche, faggi e quindi castagni leggendari) e in basso – a lambire il mare, la piana o le colline interne – una corona di giardini. Sono giardini produttivi, come quelli di aranci e limoni, o di piacere, ricchi di specie esotiche: alte araucarie, ficus imponenti, palme di diverse provenienze, specie succulente e, tra di esse, i fichi d’India a definire spazi impenetrabili coronati di frutti gialli, verdi e rossi. I giardini guardano il Mar Ionio e permettono la vista sullo Stretto e la Calabria; oppure fendono le lave scure delle colate vulcaniche alternandosi a esse e sfruttando appieno la straordinaria fertilità di suoli ricchi di minerali. Giardini che della civiltà mediterranea, risultato del millenario incontro tra diversità biologica e culturale di tre continenti, conservano la convivenza tra stili e natura; siano essi formali o informali, urbani o periurbani, aperti al sole o nascosti nel bosco, irrigui o asciutti.