Nel borgo del Piazzo, la parte più alta e storica di Biella, il trecentesco Palazzo Gromo Losa è il felice risultato di restauri e rifacimenti stilistici che si sono succeduti da fine Ottocento a oggi. Donati dall’imprenditore Emanuele Rosa e realizzati integralmente nel 2012, i suoi giardini all’italiana s’ispirano alle atmosfere rinascimentali de La Gamberaia e di altre ville toscane e si affacciano sulla Serra morenica di Ivrea, sul parco della Burcina e sulle Prealpi biellesi.

I suggestivi disegni tardogotici nella cd. Sala dei Graffiti attestano l’origine antica del palazzo, che nella manica lungo la via risale addirittura al XIV secolo e fa parte della trama originaria del Piazzo. Apparteneva ai patrizi Bertodano, che favorirono l’arrivo dei Domenicani in città finanziandone il convento, ma furono i Del Palazzo a partire dal 1600 a nobilitarlo, ampliandolo e costruendo la corte interna con il portico e un giardino sottostante. A livello ancora inferiore, dove sorgono oggi i parterres, c’erano solo un prato e ripe boschive. A inizio Settecento fu acquistato da Giuseppe Lascaris di Castellar, Viceré di Sardegna, e nel 1757 da Maurizio Losa di Prarolo, alto ufficiale dell’esercito sabaudo e Gentiluomo di Camera del Re. Fu lui a lasciarlo in eredità al cognato Leopoldo Gromo di Ternengo, appartenente a una delle famiglie più antiche del Piazzo e che aggiunse al proprio il cognome dei Losa: una lapide all’ingresso dei giardini ne testimonia la riconoscenza. Le Suore Rosminiane, che dal 1898 vi gestirono l’Istituto Beata Maria Vergine d’Oropa, riportarono la facciata al presunto aspetto medioevale, eliminando il portale barocco e replicando le bifore sopravvissute, e coltivarono orti e frutteti nello spazio dell’attuale giardino, già suddiviso dalla lunga pergola in muratura. Diventato proprietà della Fondazione Cassa di Risparmio di Biella nel 2004, si arricchì del giardino nel 2012 grazie al mecenatismo di Emanuela Rosa e su progetto del paesaggista e vivaista Ermanno Pozzi. Le poche preesistenze furono conservate, come i trachicarpi della corte, gli oleandri e i cachi che delimitano il livello inghiaiato intermedio, il maestoso ciliegio da frutto che è diventato il fulcro dei parterres di levante e i lecci che definiscono il confine a oriente. La pergola, affiancata da bossi topiati e azalee, ha ospitato rose rampicanti Austin, scelte per la rifiorenza e i colori chiari, mentre intorno sono state realizzate aiuole in bosso dalle forme lineari, con vasche d’acqua centrali e bordi di Rosa “Schloss Mannheim” a fiore rosso. A chiudere il giardino a est un filare di Prunus subhirtella “Autumnalis”, che con le loro pallide “nuvole” da Natale a marzo danno il via allo spettacolo delle fioriture, seguiti dai rosa intensi dei Cornus florida sulla scarpata sottostante, delimitata da cipressi. A ovest le magnolie soulangeane sono protagoniste della primavera e una carpinata ombreggia le passeggiate estive. Due piccoli giardini laterali hanno preso il posto dell’ edificio che un tempo univa il palazzo all’adiacente convento di S. Caterina: uno con camelie e peonie e l’altro di aromatiche. Un antico pozzo nei sotterranei del palazzo, insieme alle acque meteoriche debitamente raccolte, provvede all’irrigazione del giardino.

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