Unico superstite dei “giardini di delizie” che ornavano il Real Bosco di Capodimonte e offrivano primizie alla Mensa del Re, raccoglie una ricca collezione di piante da frutto, ortaggi locali e curiosità esotiche. Il Casamento Torre testimonia l’intensa e colta vita giardiniera che animò il Regno borbonico tra XVIII e XIX secolo.

Quando a inizio Settecento Carlo di Borbone lo scelse per creare la sua riserva di caccia, il Capo di Monte era costellato di masserie ben coltivate ma scomode da raggiungere per via di frane e canaloni. Il Casamento Torre apparteneva a uno dei primi fondi acquistati: 80 moggia (circa 28 ettari) a noccioli, orzo, lino e viti, che Ottavio Bambacario aveva donato nel 1624 alla Cappella del Tesoro di San Gennaro. All’interno del Bosco che gli architetti Sanfelice e Fuga andavano plasmando quell’area e le limitrofe mantennero la loro vocazione produttiva e lo spazio murato intorno al Casamento divenne Fruttiera Reale, vivaio e giardino per i fiori da taglio. Nell’edificio abitava il capo giardiniere: il primo fu il parigino Martin Biancour, poi spostato a Caserta e sostituito con il fratello Giovanni nel 1752; da qui la denominazione di “Giardino del Francese”. Nell’Ottocento, mentre anche il paesaggio agricolo circostante veniva trasformato in chiave paesaggistica, il giardino conservò la sua funzione e l’antica suddivisione in stanze, ma nella più estesa di tutte- la Frutteria Reale- le aiuole quadrangolari lasciarono il posto a percorsi curvilinei e la vasca centrale per le innaffiature fu ombreggiata da una canfora. Tutt’intorno continuarono a venire coltivati agrumi, alberi da frutto e ortaggi. Dalla Fruttiera s’accedeva a un primo giardino segreto, il Giardino dei Fiori, che ancora oggi conserva una collezione di camelie e le “ananassiere”, le serre semi-interrate e riscaldate tramite fermentazione del letame per la crescita degli ananas; passiflore, Solandra e Aristolochia continuano la tradizione delle curiosità botaniche. Oltrepassando una vasca con ninfee e una scenografica esedra con peri a spalliera, attraversando lo “Stanzone” un tempo affrescato con verzure, uccelli e nuvole adibito alla conservazione delle vaserie, s’arriva al Giardino della Purpignera (distorsione napoletana di pépinière, vivaio) con semenzai e bulberie ricchi di emerocalli, agapanti, agli ornamentali, gladioli e altri fiori da taglio.

 

Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR

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