Un giardino unico in Italia e non solo per la posizione affacciata sul Golfo di Taormina o la botanica rigogliosa che mescola specie mediterranee ed esotiche. Celebre tra gli intellettuali europei del secolo scorso, racchiude eccezionali ambientazioni futuriste e un percorso iniziatico che si svolge terrazza dopo terrazza. Il recente restauro, condotto sulla base di carteggi, acquerelli e fotografie originali, ha riportato alla luce i complessi significati simbolici voluti dal suo fondatore.
A inizio Novecento il pittore inglese Robert Kitson, deciso a trasferirsi in Italia per il clima e per sfuggire al rigido perbenismo vittoriano, acquistò queste scarpate nel borgo contadino di Cuseni, sopra Taormina. Tra ulivi, mandorli e carrubi fece costruire una villa in stile vagamente palladiano su progetto del decoratore Tiffany Frank Brangwyn, che disegnò anche uno dei rari esempi di giardino Arts and Crafts fuori dal Regno Unito. Gli antichi alberi furono mantenuti e il restauro di tre pozzi greci e di quel che restava di un acquedotto romano assicurarono acqua costante. Alla struttura del giardino, articolato su dieci livelli ispirati al Purgatorio dantesco e alle illustrazioni che ne fece William Blake, contribuirono non solo le capacità decorative di Brangwyn e quelle di Giacomo Balla e Fortunato Depero, autori di molte delle pavimentazioni e dei murales presenti, ma soprattutto le suggestioni di Annie Besant e Charles Webster Leadbeater, due tra i più importanti teosofi dell’epoca. Furono loro, ospiti frequenti della casa, a sovrintendere alla creazione del percorso di purificazione spirituale che attraversa il giardino, da valle a monte, e a recarvi il filosofo indiano Krishnamurti nel 1912 per la sua seconda iniziazione. Questa genesi è tornata leggibile grazie a un recente restauro che ha “liberato” il giardino dagli eccessi di vegetazione causati dal tempo e dal collezionismo botanico di Daphne Phelps, nipote ed erede di Kitson. All’ingresso una vasca era adibita ai bagni rituali e due rampe risalgono a simboleggiare i bracci della Menorah; intorno crescono gli ulivi, dai quali si otteneva metaforicamente l’olio per accendere il candelabro sacro. Al secondo livello le aiuole, piantate con una collezione di salvie, descrivono i cerchi della Cabala, mentre al terzo una mappa del giardino in ciottoli introduce alla dépendance dove visse il pittore Henry Faulkner. Ancora sopra pergole di glicini e gelsomini ombreggiano una delle varie “forma-pensiero” riprodotte da Balla e crescono cultivar antiche di mandarini. Sulle terrazze intorno alla villa buganvilee, aranci e roseti inquadrano la vista del mare; limoni e misteriosi disegni di bosso e piselli odorosi sono invece protagonisti sulla terrazza soprastante, cinta da pinnacoli. L’ottavo livello è il più importante,: vi sorge il Tempio di Salomone, avvolto dai mandorli, simbolo di rinascita, e con due vasche sacre che rappresentano i fiumi Lete e Eunoè. Gli eletti potevano accedere alla terrazza ancora superiore, con cipressi oggi dichiarati alberi monumentali, e infine all’ultima, dove una grande vasca riflette l’Etna raffigurato da Balla e quello reale che si staglia all’orizzonte.
Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR