Immersa in un paesaggio incontaminato di valli e boschi al confine tra Umbria e Lazio, Villa della Selva e il suo eclettico giardino recentemente restaurato raccontano la cultura cosmopolita e storicista della Belle Époque. Sostenuta dalle enormi ricchezze di una famiglia con interessi in tutta Europa, contiene rievocazioni rinascimentali e scenari romantici, serre un tempo celebri per i loro esotismi e uno dei primi giardini giapponesi in Italia.
Nel 1883 Edoardo Cahen d’Anvers acquistò dai Bourbon del Monte una tenuta nell’Orvietano, sulle due sponde del fiume Paglia, che ingrandì fino a comprendere oltre 3000 ettari. Figlio di Meyer Joseph, banchiere ebreo d’origine tedesca poi trasferitosi ad Anversa (da cui l’appellativo d’Anvers) e a Parigi (dove francesizzerà il cognome Cohen in Cahen e otterrà un titolo nobiliare italiano per l’aiuto finanziario a Carlo Alberto prima e a Vittorio Emanuele II poi), incrementò le fortune di famiglia attraverso la speculazione fondiaria romana, edificando i rioni Esquilino e Prati. Plasmò l’immensa proprietà umbra con strade, ponti, rimboschimenti e restaurò il castello di Torre Alfina, facendone la propria abitazione. Alla morte la tenuta fu divisa tra i due figli: la metà laziale, con il castello, andò al primogenito Teofilo Rodolfo; la metà umbra, che dal Paglia risaliva ad Allerona, a Hugo, che fece costruire Villa della Selva negli ultimi anni dell’Ottocento dotandola di tutti i comfort moderni. Contemporaneamente incaricò del parco il paesaggista Achille Duchêne, celebre insieme al padre Henri per il loro revival del giardino francese Grand Siècle, ma con contaminazioni riferibili ad altri stili, dall’inglese al moresco, secondo un gusto internazionale comune all’élite dell’epoca. Sul vasto belvedere che circonda la villa venne piantato un parterre all’italiana in bosso, arricchito di statue, vasi, colonne e della fontana di Leda con il cigno e demarcato da qualche antica roverella; al di sotto, nel terrapieno che sostiene la terrazza, una limonaia in mattoni e bugnato ospitava le conche con gli agrumi e una vasca ninfeo in rocaille. Cedri del Libano e himalayani, aceri di monte, tassi, lagerstroemie componevano il parco paesaggistico, decorato con pergole, tempietti e una grande voliera, mentre alle estreme propaggini boschi di querce e conifere esotiche definivano una zona semi-naturale che connetteva i giardini alla campagna. In quattro serre (oggi ne rimane una sola) erano coltivate le collezioni botaniche di Hugo: begonie, pelargoni o fucsie in quelle fredde, orchidee, felci (in particolare le epifite del genere Platyceryum), palme e Araceae in quelle calde. Molti esemplari ottennero riconoscimenti nelle principali esposizioni orticole e alcune cultivar furono dedicate a membri della famiglia, come il Croton “Comtesse Hugo Cahen d’Anvers” (esiste anche una Rosa “Comtesse Cahen d’Anvers). Vera eccezionalità del complesso era però il vasto tsukiyama, il giardino collinare giapponese, costituito da un insieme di laghetti e torrenti, cascatelle e ponticelli con piante acquatiche, bambù e metasequoie. Le ingenti spese e le rivendicazioni sindacali dei contadini indussero i Cahen a vendere la villa nel 1920 e a trasferirsi a Parigi; oggi la proprietà è del Corpo Forestale dello Stato.
Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR