Camelie, azalee, ortensie, rododendri… Sul Lago d’Orta, un pendio aperto sul paesaggio accoglie un giardino di collezione dal sapore vittoriano, che offre fioriture tutto l’anno. D’intorno, come scrisse Honoré de Balzac, “rive ora coltivate ora selvagge”, dalle quali promana “un fascino poetico e melodioso”.

Sulla penisola di Orta la famiglia novarese Gallini fece erigere nella seconda metà dell’Ottocento una villa a bordo lago in stile eclettico e con un parco che risaliva ripido lungo le pendici retrostanti: una sistemazione monumentale mutuata dalle dimore lacustri del vicino Lago Maggiore ma piuttosto inconsueta in questo contesto. Nel 1920 Rosa Antonione e il marito Giacinto Motta, direttore della Edison, acquistarono la proprietà, incaricando l’architetto Alessandro Mazzucotelli di rinnovare edificio e parco secondo il gusto del tempo e costruendo la terrazza prospicente il lago, la serra e la limonaia. Lo scultore Troubetzkoy, il pittore Amisani o lo scrittore Guido da Verona frequentarono la villa, che divenne poi un luogo significativo durante la Resistenza: i fratelli Mario e Galileo Motta sostennero la lotta partigiana e Mario fu trucidato dai fascisti nel 1944. Dei grandi alberi messi a dimora allora restano alcune conifere (specialmente cipressi, Abies nordmanniana e Thuja plicata) e agrifogli, perché un violento fortunale abbatté gran parte degli esemplari nel 1979; Gianmario Motta decise di non ripristinare la fitta trama arborea precedente, conservando solo quella superstite sui confini, e implementò invece le presenze arbustive da fiore, coltivate a gruppi nelle ampie e assolate radure che si erano venute a creare e lasciando le viste il più possibile aperte sul lago. Nel parco sopravvivevano aucube e maestosi osmanti (oggi sono presenti Osmanthus fragrans, O. heterophyllus, O. aurantiacus, O. armatus e O. x burkwoodii), rododendri secolari, azalee e alcuni boschetti di camelie. Motta ampliò la storica siepe di azalee Satsuki che, come un anfiteatro, cinge il retro della villa e piantò azalee Kurume; reintrodusse le ortensie in un giardino segreto a monte del parco, soprattutto dei gruppi paniculate e arborescens, e le peonie; ripristinò le sponde di rose sul lungolago, privilegiando specie botaniche evarietà ottocentesche sarmentose (es. Rosa banksiae, R. bracteata, R. hugonis, R. roxburghii, R. “Alberic Barbier”, R. “Albertine”). Soprattutto costituì la collezione di camelie: oltre centocinquanta varietà di Camellia japonica, ottanta di camelie a fioritura invernale (C. sasanqua, C. vernalis e C. hiemalis) e circa venti specie botaniche e ibridi interspecifici, tutti nomenclati. Sono presenti ibridi profumati di Camellia lutchuensis e alcuni ibridi di C. changii sono stati testati per valutarne la resistenza invernale: il clima più fresco rispetto al vicino lago Maggiore permette la coltivazione delle camelie in pieno sole, ma impedisce la crescita delle specie più delicate.

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