Ai piedi delle cime più elevate delle Alpi Biellesi la tardo-ottocentesca Villa Cernigliaro, con i monumentali alberi del suo parco, domina il suggestivo paesaggio dell’alta Valle Elvo. Testimone del ricco e operoso passato manifatturiero di queste terre e poi del loro convinto antifascismo, oggi è un sito aperto a iniziative d’arte contemporanea. La posizione di mezza montagna rende il giardino un osservatorio privilegiato sugli effetti del cambiamento climatico.
Fin dal XVI secolo la Valle Elvo, ricca di pascoli e acque, sviluppò una fiorente attività tessile specializzata nei “panni fini” di lana e nel Settecento il paese di Sordevolo forniva la gran parte delle uniformi delle truppe sabaude. Proprio qui, con l’arrivo dei telai meccanici e l’industrializzazione, la famiglia Vercellone fondò un lanificio e intorno al 1880 costruì a fianco una villa in stile eclettico su progetto dell’architetto Antonio Vandone di Cortemila. Qualche decennio dopo il vivaista biellese De Bois disegnava il parco romantico, rivolto a meridione, sostenuto da terrapieni e scenograficamente affacciato sul torrente Elvo e le colline
boscose che circondano il Santuario di Graglia. Come molti giardini biellesi dell’epoca si caratterizza per l’uso di alberi ricercati, in parte cultivar di specie domestiche (come il tiglio vicino alla casa e i faggi: da quello pendulo al purpureo o al Fagus sylvatica “Asplenifolia”) e in gran parte d’origine esotica, soprattutto conifere. Cedri dell’Atlante, abeti del Caucaso (Abies nordmanniana), criptomerie, nordamericani cipressi di Lawson a foglia variegata (Chamaecyparis lawsoniana “Stewartii”), oltre a magnolie sempreverdi, incorniciano prati, percorsi sinuosi e viste aperte sulla valle. Dal belvedere di fronte alla Villa, definito da una lunga panchina panoramica, si arriva a un parterre all’italiana dalle forme vagamente déco, con aiuole di bosso contenenti rose Polyantha e un treillage laterale con Rosa “Alberic Barbier”. Cortine di bambù e laurocerasi riparano dalla strada pubblica; un frutteto e sponde di ortensie si rivolgono verso il torrente. Nel 1920 la villa passò al notaio Annibale Germano, che chiamò l’architetto Giovanni Chevalley a reinterpretare in stile settecentesco gli interni e il suo allievo Mario Passanti a ideare la Serra dei Leoni, con un imponente loggiato che si apre sul paesaggio a settentrione e che è posto in asse con la vasca al centro del giardino all’italiana. Con Franco Antonicelli, genero del Germano, il luogo divenne ritrovo estivo dei principali intellettuali antifascisti piemontesi; invaso dalla Decima Mas fu venduto dopo la guerra al notaio Carmelo Cernigliaro, i cui eredi hanno recentemente intrapreso un restauro botanico. Collocato a circa 600 metri s.l.m. e con specie tipiche dei climi freschi, il parco ha subito gli effetti pregiudizievoli dell’aumento di temperature e siccità e sono stati perciò necessari interventi mirati, come la parziale sostituzione dei pecci con Picea orientalis o dei Chamaecyparis con kaki.
Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR