Un palazzo immutato nei secoli, raro testimone del momento in cui la Serenissima dal mare rivolse i suoi interessi alle campagne e gettò le basi per quella “civiltà di villa” che è una delle sue caratteristiche peculiari, e intorno un giardino a lungo trasformato e oggi coltivato con intelligenza per far fronte alle sfide del futuro.
Al Castello di Thiene è protagonista l’architettura. La facciata in stile gotico veneziano, con la sua pentafora che è una rarità nelle ville di terraferma, le torri, gli inconfondibili camini a campana definiscono uno dei più begli esempi di dimora quattrocentesca nella campagna vicentina. La famiglia dei Porto, che lo costruì (pare su progetto di Domenico da Venezia, che a Vicenza fu attivo nel Duomo e nel Palazzo della Ragione) e ancora oggi lo possiede, ne fece l’epicentro dei suoi possedimenti: nacque come tenuta agricola e villa di delizie, anticipando in questa commistione il modello palladiano di quasi un secolo. Le sembianze fortificate, le merlature ghibelline sono un omaggio alla tradizione medioevale, ma non hanno mai svolto alcuna funzione difensiva. La dimensione aulica conviveva con quella concreta dei lavori rurali: nella corte d’ingresso si batteva il grano, nelle “barchesse” sostavano i carri, l’ampio “portego” pullulava di vita e stalle e colombaie fronteggiavano la facciata d’onore. Oltre il Castello s’apriva un giardino cintato quintessenza dei canoni rinascimentali. Il labirinto, la peschiera, i giochi d’acqua non esistono più, ma restano la scenografica roggia che irrigava il giardino e proseguiva nei campi, le colonne della cedraia oggi diventata una lunghissima pergola di rose, la grotta disegnata da Cristoforo Sorte e uno dei passaggi sotterranei che portavano alla cappella e al brolo, separati dalle strade del paese. Oggi queste vestigia punteggiano un parco di gusto romantico, disegnato da Antonio Caregaro Negrin nell’Ottocento. Poche fioriture, pochi arbusti, tutto ruota intorno ai grandi alberi: ippocastani, sequoie e ginkgo biloba lungo il viale fiancheggiato da tassi topiati, cedri del Libano intorno alla grotta, taxodi con le radici nella roggia, cipressi su piccole colline plasmate con intenti paesaggistici. La corte è in parte trasformata in un prato cinto da magnolie sempreverdi. Curato senza l’uso di sostanze chimiche, il giardino fa da sobrio corredo alla ricercatezza delle architetture.