Creati sui bastioni cinquecenteschi di Torino e custodi dell’unico tratto di mura sopravvissuto alle demolizioni napoleoniche, testimoniano le vicende storiche e la trasformazione dei gusti di Casa Savoia in quasi quattro secoli. I più importanti architetti di corte contribuirono al loro assetto, ma la scenografica prospettiva del giardino di levante è opera del celebre paesaggista Le Nôtre. Oggi è un luogo aperto alla città, snodo tra le varie collezioni dei Musei Reali.
Dopo il trasferimento della capitale del Ducato da Chambery a Torino nel 1563, due giardini di gusto tardomanierista furono costruiti sul terrapieno a nord dell’antico palazzo vescovile, diventato sede della corte. Uno detto di San Lorenzo, per l’omonima cappella, e l’altro del Bastion Verde, per il padiglione costruito a sormontare la nuova cinta difensiva e che si dice Carlo Emanuele II avesse fatto dipingere di verde e ricoprire d’edera in onore della consorte Francesca di Valois. Con l’abbattimento di ciò che restava delle mura romane i due giardini furono unificati e ripartiti in parterres barocchi intorno a un tempietto monoptero, sostituito poi da una vasca circolare con statue marmoree. L’ampiamento delle mura verso oriente nel 1673 lasciò spazio a due nuovi giardini: uno a fiori in prossimità del Bastione, circondato da platani, e l’altro disegnato da Henri Duparc di fronte alla manica orientale del palazzo, con la Fontana di Galatea ornata di statue bronzee e giochi d’acqua. Questa tripartizione è rimasta immutata nei secoli, pur variando l’aspetto di ciascuna porzione. A fine Seicento André Le Nôtre, per il tramite del collaboratore Antoine de Marne, semplificò il giardino a nord, eliminando la peschiera, e ridisegnò quello di levante, inserendo la monumentale prospettiva che termina nel miroir d’eau e nell’esedra retrostante e circondando i parterres di spalliere verdi, treillage e allee. Nel Settecento furono aggiunte le statue di Francesco Ladatte e al centro della vasca che Le Nôtre aveva voluto libera a riflettere il cielo fu collocato il gruppo scultoreo di Simone Martinez, raffigurante una Nereide con Tritoni. Sul retro della nuova Cavallerizza venne inoltre creato un giardino che s’adattava alle forme pentagonali del Bastione di S. Maurizio. Durante il dominio napoleonico i giardini, ritenuti inadeguati, furono riarredati con manufatti provenienti da altre regge sabaude in abbandono (come le statue delle Stagioni del Martinez, oggi restituite alla Venaria Reale) e negli anni Trenta dell’Ottocento Re Carlo Alberto incaricò Pelagio Pelagi di adeguarli al nuovo gusto. Il giardino a fiori fu trasformato in boschetto a quinconce (oggi restaurato da Paolo Pejrone con specie tappezzanti da ombra a foglie ornamentali) e nei parterres vennero piantate composizioni botaniche in stile gardenesque e specie arboree rare, come il faggio pendulo che ancora cresce nei giardini di levante, uno dei più imponenti del Piemonte. Le ultime modifiche si devono a Marcellino Roda a fine Ottocento, che ridisegnò le aiuole a nord (riproposte nell’attuale restauro) e piantò un piccolo giardino paesaggistico nei pressi del Bastion Verde. Una strada pubblica divise in due i giardini nel 1915, ma un ponte ne garantisce il collegamento.
Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR