Nella pianura pavese un castello “bifronte”, che testimonia da un lato l’antica origine viscontea e dall’altro la trasformazione settecentesca in villa di delizie. I suoi monumentali giardini sono un esempio del fasto che caratterizzava le dimore di campagna dell’aristocrazia lombarda in età barocca, ma le sembianze attuali risultano da una parziale semplificazione di gusto neoclassico.

I boschi ricchi di querce e cinghiali che da Pavia s’estendevano lungo il Po erano meta prediletta delle caccie viscontee. Non per nulla, quando Galeazzo II Visconti a metà del XIV secolo costruì un fortilizio a presidio della via per Cremona, lo chiamò Castrum Zoiosum, per l’amenità del luogo. Il figlio Gian Galeazzo, primo Duca di Milano, amò tanto queste selve da interdirvi a chiunque la caccia ai cervi e da escluderle dalle possessioni donate alla nascente Certosa di Pavia. L’impianto quadrangolare, con le mura merlate, il fossato e i ponti levatoi, si è conservato integro fino a oggi per metà; la metà a occidente mostra invece le vicissitudini dei secoli. Belgioioso non fu più nelle grazie viscontee dall’inizio del Quattrocento e venne infeudato ai Barbiano, antica famiglia comitale romagnola ricordata da Dante nel Purgatorio, a compensazione delle perdite subite per l’alleanza con i Visconti contro i veneziani. Vi fu imprigionato il Re di Francia Francesco I, ospitò i lussi del periodo spagnolo e le tragedie della peste, ma la vera svolta arrivò nel Settecento con Antonio Barbiano, che restaurò il castello per adeguarlo al suo nuovo status di principe di Belgiojoso. Nel 1726 l’incisore Marc’Antonio Dal Re eseguì una veduta a volo d’uccello dei giardini alla francese progettati da Francesco Croce. A quel periodo risalgono la galleria di carpini per l’ombreggiamento dei passeggi estivi, una delle più lunghe di Lombardia, le due “stanze” verdi racchiuse anch’esse da portici di carpino e il “Teatro dè Rastelli”, scenografica cancellata con putti e statue allegoriche che chiude il giardino verso la campagna. Questi preziosi elementi esistono ancora, così come la fontana di Nettuno e Teti, inserita al centro della peschiera qualche decennio più tardi; i parterres de broderie, invece, hanno lasciato il posto alle più sobrie atmosfere neoclassiche, con fontane e obelischi al centro di prati. Leopoldo Pollack lavorò nei giardini sul finire del secolo per Alberico XII Barbiano, disegnando le serre, la base per il monumento funebre della moglie, Anna Ricciarda d’Este, e ideando tempietti e mausolei dei quali restano i disegni ma che non sono pervenuti. Viali di Magnolia grandiflora, piantate nell’Ottocento, creano oggi suggestive prospettive dalla cancellata alla villa: insieme a un’antica quercia dominano il giardino e le loro ombre scure, in contrasto con il chiaro rasoterra di prati e ghiaia, restano il vero colpo d’occhio del giardino.

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