Le architetture tardorinascimentali di Villa Le Corti e i suoi storici giardini, recentemente restaurati con la supervisione dell’architetto Filippo Pizzoni, sono il culmine di una sistemazione paesaggistica plasmata in oltre sei secoli ed estesa per centinaia di ettari. Vigne, uliveti, boschi e cipressi compongono la più emblematica immagine del Chianti e raccontano il patto antico che la famiglia Corsini fece con questi luoghi: “dare alla terra più di quanto si riceva”.

I Corsini iniziarono ad acquistare terre a San Casciano in Val di Pesa già dal XIV secolo, ma fu Bartolomeo Corsini, erede delle fortune guadagnate a Londra dal fratello Filippo, a incrementare i possedimenti e a incaricare a fine Cinquecento l’architetto Santi di Tito della progettazione d’una dimora rappresentativa del rango raggiunto dalla famiglia. Si trattava di un edificio avveniristico che incorporava ambienti padronali e agricoli: l’imponente terrapieno su cui sorse la villa nascondeva al proprio interno tre piani di cantine e frantoi, dove fu centralizzata la lavorazione dei raccolti (la tenuta conterà fino a trentasei poderi nell’Ottocento), e un vasto prato, sul quale s’aprivano lucernari per areare i locali sottostanti, fungeva da giardino pensile e con il suo aspetto essenziale esaltava le architetture. Un unico asse prospettico seguiva il viale d’accesso costeggiato dalle ragnaie- i boschetti di lecci dedicati all’uccellagione-, attraversava il prato e il cortile loggiato della villa e culminava (cadenzato oggi da sfere di osmanto) in un belvedere affacciato sulle colline del Chianti. Attraverso una doppia scalinata si giungeva al giardino all’italiana sottostante, le cui solide geometrie sono rimaste da allora pressoché inalterate. Conche di agrumi punteggiano i quattro parterres di bosso, ognuno ripartito dalle diagonali in scomparti piantati a rose e con al centro un albero da frutto (cachi, un olivo, un melo da fiore); glicini e rosai rampicanti s’arrampicano sul muro che cinge tutt’intorno il giardino e al piede crescono bordi di peonie erbacee e lavande. Già gli antichi cabrei testimoniano l’esistenza di un orto e di un pomario oltre il muro del giardino: le loro forme indefinite si sono tramandate nei secoli e il restauro concluso nel 2024 le ha perfezionate inserendo una lunga carciofaia e cultivar storiche e locali di alberi fruttiferi. A fine Seicento l’architetto Giovanni Battista Foggini fu chiamato da Filippo Corsini a

progettare il monumentale viale che da San Casciano sale alla Villa, detto il “Viottolone”: un doppio filare di cipressi ormai plurisecolari e lungo oltre mezzo chilometro, diviso in due tratti che si incontrano in un rondò con il gruppo scultoreo dedicato ad Apollo. Dal 1886 anche a Le Corti s’impose il gusto romantico e Tommaso Corsini affidò all’architetto Vincenzo Micheli la trasformazione delle antiche ragnaie ai lati del viale in due giardini all’inglese: quello più grande a ponente, detto di Don Tommaso, e quello a levante dedicato alla moglie Anna Barberini Colonna. Lecci, pini, allori e corbezzoli trovarono dimora intorno a radure e percorsi sinuosi, così come gruppi di viburni, filadelfi, osmanti e lillà, reintrodotti dal recente restauro insieme a piantagioni di specie bulbose (narcisi, camassie, tulipani e soprattutto amarine, in fiore a fine estate).

 

Questo giardino è stato oggetto di un intervento di restauro e valorizzazione grazie ai fondi del PNRR

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