La visita alla prestigiosa quadreria Magnani Rocca è l’occasione per conoscere un parco paesaggistico ben conservato nel disegno originale e nelle scenografiche quinte di grandi alberi: un ecosistema complesso di vitale importanza tra le coltivazioni della campagna parmense, abitato da pavoni, fagiani, anatre e numerosi uccelli selvatici.

Nell’orizzonte dei campi emerge fin da lontano il fitto delle chiome secolari che avvolgono la Villa dei Capolavori, così chiamata perché ospita le opere d’arte della Fondazione Magnani Rocca. Nelle sue forme attuali è un parco romantico d’inizio Ottocento fedelissimo ai canoni dell’epoca, con sinuose radure a prato, grandi alberi in parte esotici e in parte autoctoni piantati a boschetti o in esemplari isolati, un lago dalle acque scure e popolate di ninfee riportato alla luce in anni recenti, una grotta ormai scomparsa. Fu creato dai Marchesi Paolucci quando acquistarono quella che era stata per più di duecento anni una tenuta agricola e di caccia degli Sforza di Santafiora, infeudati del territorio di Mamiano dai Farnese Duchi di Parma e Piacenza nel 1556. Gli antichi filari di pioppi, i caseggiati rurali, l’Oratorio secentesco furono mantenuti, ma il casino venne trasformato in Villa e affiancato dal parco all’inglese. I Zileri- Dal Verme, proprietari dal 1879, ridisegnarono in forme neogotiche una cascina posta al di fuori del parco e dotata della grande cisterna che alimentava il lago e chiamarono l’architetto Antonio Citterio per ridisegnare la Villa in stile neobarocco. I coniugi Magnani Rocca acquistarono la tenuta nel 1941 e il figlio Luigi vi raccolse un’importante collezione d’arte ampliando gli edifici e costituendo una Fondazione, che aprirà al pubblico il luogo nel 1990. Se il vero richiamo botanico è costituito dal variegato campionario di alberi monumentali con la loro trama di verdi e penombre, vicino alla casa esistono ragguardevoli parti a giardino: un vasto parterre in bosso dietro l’Oratorio (di un altro solo più restano labili tracce), una siepe in carpino con incastonate sei colonne marmoree provenienti da una chiesa settecentesca del sud Italia distrutta durante l’ultima guerra, bordi di ortensie e Ophiopogon japonicus a delimitare il prato, una vasca in pietra con fontana prospicente alla facciata. Davanti alla Villa crescono in vaso le numerose varietà di agrumi coltivate da Luigi Magnani e riparate nella serra durante i mesi freddi.

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