Papi e porporati, re e aristocratici hanno costellato l’Italia di regge e di residenze prestigiose, in cui il giardino diventa espressione simbolica del potere. Gli intrecci dinastici hanno contribuito alla trasmissione di idee e di saperi. Se le residenze medicee del Quattrocento hanno offerto spunti ai cinquecenteschi giardini dei papi, modelli romani e francesi si affermano nella “Corona di delizie” sabauda: sull’esempio della Francia del Re Sole, viene imposta alla pianura torinese una struttura geometrica ordinata su lunghi viali rettilinei d’accesso alle residenze e alle riserve di caccia.  Anche i giardini farnesiani di Colorno sono una “piccola Versailles”.

Legami matrimoniali fra i Farnese e i Borbone saranno poi all’origine di uno stretto legame con Napoli, dove la passione di Carlo III per i giardini produrrà le regge di Capodimonte, Portici e Caserta. Legami familiari si instaurano anche fra i Lorena, granduchi di Toscana, e gli Asburgo e una sovrana, Maria Teresa, commissiona all’architetto Giuseppe Piermarini la Villa Reale di Monza secondo le regole del giardino paesaggistico. A un Asburgo-Lorena, Massimiliano, arciduca d’Austria e imperatore del Messico, si deve il parco di Miramare a Trieste. Tardivi sono gli esempi napoleonici: da Stra ai giardini reali di Venezia, fino a Elisa Baciocchi sorella di Napoleone che lega il proprio nome alla villa di Marlia.  A questi, si potrebbero aggiungere i giardini che, con l’Unità d’Italia, sono incamerati dal sistema delle residenze reali; come Boboli che era divenuto già regio nel contesto lorenese.

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