Il labirinto è allegoria, metafora, gioco. In esso ci ritroviamo senza volerlo smarriti nel mezzo di una natura che confonde i sensi. Frequente nei pavimenti musivi romani e medievali, dal Rinascimento il labirinto diventa un topos del giardino. Il messaggio di cui l’architettura labirintica è portatrice si esprime attraverso il suo disegno che nel tempo si fa sempre più elaborato e complesso, aumentando il disorientamento. Con i suoi ingressi, i suoi percorsi, i suoi simboli, da un lato racconta idee e miti, dall’altro si completa nel rapporto con la trama dell’intero giardino: spesso è la mèta stessa del giardino, talvolta una citazione all’interno di una serie di altri piccoli giardini, in altri casi è esso stesso il giardino.

Il labirinto svela panorami di complessità e di ricchezza variabili che si esprimono anche nella scelta del materiale vegetale con cui viene realizzato, soprattutto il bosso, il tasso, l’alloro, il carpino; ma labirinti nei giardini possono anche essere in pietra, come quello di Donnafugata, i cui muri erano un tempo rivestiti di rose.

Caduto in disuso con l’affermarsi del giardino paesaggistico, il labirinto si propone nuovamente sulla scena con il revival del giardino “all’italiana”, fino ai nostri giorni con l’originale creazione del labirinto della Masone e con il labirinto Borges nell’isola di San Giorgio Maggiore a Venezia.

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